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Atti del 1° Seminario Europeo "Falcon One" sulla Criminalità Organizzata Roma,
26 - 27 - 28 aprile 1995
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Premessa
Come è noto le modalità operative attuali della criminalità organizzata di stampo mafioso si concretizzano in:
a. una accumulazione primaria di capitali di origine illecita (con ciò includendo qualsiasi tipo di reato, dal traffico di stupefacenti, alla truffa, al contrabbando, ecc.);
b. la trasformazione dei fondi illeciti in denaro pulito, attraverso le operazioni di riciclaggio;
c. l'investimento dei capitali illeciti ripuliti in attività lecite.
Tralasciando ovviamente in questa sede di trattare dalla primaria fase di accumulazione dei capitali "neri" ci si soffermerà sulla fase successiva, e cioè sulla gestione degli eccessi di liquidità accumulata nel tempo e tesaurizzata su conti segreti ovvero in contanti presso intermediari finanziari, soprattutto bancari.
Questo secondo stadio è caratterizzato dalla necessità di "riciclare" il denaro sporco per rendere possibile gli investimenti ritenuti più opportuni e sicuri dal management delle organizzazioni criminali complesse.
L'ipotesi di questa nuova fattispecie penale (il riciclaggio) costituisce il naturale adeguamento delle istituzioni alla evoluzione dell'azienda mafia nel senso soprattutto di un deciso sviluppo di quelle strutture deputate alla ripulitura dei capitali illeciti e alla successiva fase di investimenti anche in settori economici sani.
L'aspetto più tipicamente finanziario del fenomeno mafioso è quello che ha evidenziato l'evoluzione più consistente sia in termini di tecnicizzazione delle procedure di movimentazioni di capitali da riciclare e quindi reinvestire, sia con riferimento alla ricerca di mercati e di strumenti finanziari, soprattutto internazionali, d'avanguardia.
Con queste prospettive si è gradualmente rivelato prioritario l'obiettivo, per "Cosa Nostra" in particolare, di costituire, ovvero controllare, intermediari finanziari.
Ne è derivato, come logica conseguenza dell'impegno mafioso, un inquinamento del settore che si è manifestato soprattutto secondo due direttrici:
- il tentativo di raggiungere il controllo di intermediari bancari, soprattutto di quelli di piccole dimensioni, sia attraverso l'ingresso pilotato e il "reclutamento" all'interno di "elementi di fiducia" ovvero attraverso il coinvolgimento di flussi consistenti di liquidità;
- la costituzione di un numero esorbitante di società finanziarie, la cui proliferazione, soprattutto nelle regioni meridionali come la Sicilia (soprattutto prima della emanazione della L. 197/91) non trova riscontro con altri parametri indicativi del livello di finanziarizzazione, come il volume degli impieghi bancari, il numero degli abitanti ecc..
E' opportuno precisare che con il termine "finanziaria" ci si riferisce a società di intermediazione finanziaria atipica, cioè non bancaria, comprendente una variegata casistica: società di intermediazione mobiliare, di gestione di fondi di investimento mobiliare, fiduciarie, di assicurazione, finanziarie, di partecipazione (holding e "merchant banking"), di acquisizione e gestione crediti (factoring), di locazione finanziaria (leasing), di gestione patrimoni, ecc..
Parallelamente si registra una decisa accelerazione dell'impegno finanziario mafioso verso la internazionalizzazione, un fenomeno che comporta il ricorso sempre più frequente a mercati, operatori e strumenti finanziari esteri.
Particolarmente interessanti in tale ottica risultano alcune esperienze investigative:
- interposizione di soggetti: una società finanziaria straniera si incarica del trasferimento, da banche straniere a banche italiane, di somme precedentemente raccolte per conto di soggetti legati ad organizzazioni criminali. Per le banche riceventi tali operazioni sono regolari e quindi non necessitano di particolari controlli sulla provenienza del denaro;
- operazioni fittizie: vengono simulati rapporti di debito e credito a fronte di esportazioni in realtà mai avvenute, o effettuate per merci diverse per quantità e qualità: in tal modo vengono fatti affluire in Italia capitali esteri (la cui giustificazione causale è data dal controvalore dell'esportazione). Viceversa, per il trasferimento illecito di valuta all'estero si fa ricorso a fittizie importazioni, in cui la somma trasferita rappresenterebbe il controvalore. In realtà tale somma serve per il pagamento di partite di stupefacenti o altro;
- depositi fiduciari: un soggetto deposita una somma di denaro in un conto corrente bancario. La banca, in qualità di banca fiduciante, colloca la somma presso un'altra banca, fiduciaria, a titolo di deposito interbancario: quest'ultima si impegna a sua volta a trasferire a terzi una corrispondente somma di denaro, o ad effettuare investimenti, di cui si avvantaggerà il cliente che ha versato la somma, pur rimanendo nell'anonimato. Dalle scritture contabili della banca risulta il solo deposito interbancario (in sé pienamente legittimo), ma non il sottostante accordo fiduciario, attraverso il quale si attuano le movimentazioni del capitale illecito;
- garanzie bancarie: l'impresa collegata ad ambiente criminale può trovarsi a dover effettuare dei pagamenti senza avere la disponibilità liquida necessaria. Si rivolge perciò ad una banca chiedendo il rilascio di una fideiussione o lettera di garanzia a favore di altre banche, disponibili ad anticipare i mezzi finanziari all'azienda richiedente. In tal modo l'imprenditore è coperto dal rischio che la banca garante acquisisca elementi certi o indicativi in ordine alla natura dei suoi affari.
In genere tutte le esperienze investigative recenti evidenziano un limite, per cosi dire, investigativo.
Si ha cioè cognizione di movimentazioni parziali, nei circuiti internazionali, di capitali di sospetta provenienza illecita. Vengono individuate solo singole fasi di un processo, sempre più complesso, che dal riciclaggio vero e proprio conduce alla tesorizzazione dei capitali per lo più nei paesi c.d. paradisi fiscali, e quindi alla successiva fase di frazionamento del reinvestimento.
Appare di tutta evidenza, sulla scorta di tale presupposto, il limite di applicabilità di tutte le normative antiriciclaggio, tra l'altro novellate di recente con la legge di ratifica della convenzione di Strasburgo, basato sul nesso di "denaro o valori" con "delitti non colposi" (art. 648 bis C.P.).
Il già esasperato processo di finanziarizzazione del fenomeno mafioso ha subito negli ultimi anni una decisa accelerazione, tanto che ormai molti esperti del settore sono concordi nel ritenere che i capitali prodotti da quella megastruttura imprenditoriale-criminale che è la mafia - si parla di 70.000 miliardi annui - siano confluiti nel c.d. "mare del grey money", un immenso bacino finanziario internazionale alimentato da flussi di ogni genere: capitali di origine speculativa, narcodollari di provenienza geografica diversificata, proventi di tangenti e di intermediazione di affari sporchi, tra cui il traffico internazionale di armi, ecc..
Il tutto avviene nell'ambito di un universo finanziario estremamente qualificato.
Innanzi tutto le piazze finanziarie utilizzate per le contrattazioni e le transazioni sono ubicate in tutti quei paesi denominati "paradisi fiscali" la cui legislazione garantisce pienamente le esigenze di anonimato e di bassa incidenza tributaria: ogni stato ha provveduto a stilare delle black lists, nelle quali risultano comunque inseriti paesi come il Liechtenstein, Hong Kong, Isole Caiman, quasi tutte le isole delle Antille Olandesi, Bahamas, Panama, le isole del Canale, l'isola di Man, ecc..
Una volta giunti nei paradisi fiscali i capitali vengono canalizzati attraverso "conti di transito e/o cifrati" in circuiti caratterizzati da movimentazioni rapidissime, con il sistema telematico, tanto che il denaro liquido viene definito in gergo "hot money".
Trattasi di mercati o segmenti di essi, aventi alcune caratteristiche peculiari non sempre rilevabili in quelli ufficialmente noti:
- il ricorso a società di copertura, società ombra e/o finanziarie, che operano in nome proprio ma per conto di anonimi investitori;
- la presenza di operatori non istituzionali, "providers";
- la disponibilità di ingenti capitali, liquidi, dei quali a nessuno importa la provenienza;
- la mancanza di organi di informazioni ufficiali che ne assicurano un'adeguata conoscenza e trasparenza;
- la trattazione in quell'ambito di strumenti finanziari decisamente atipici, quali per esempio i c.d. crediti di firma, a cui sono riconducibili le garanzie bancarie e le lettere di credito (PBG's e SLC's), che generalmente nei mercati ufficiali sono ancorati a sottostanti contratti di natura commerciale.

Attività informativa preliminare
Sulla scorta di tale premessa descrittiva della evoluzione del fenomeno mafioso, soprattutto con riferimento alla gestione finanziaria del patrimonio, è stato predisposto ed attivato, dal nostro gruppo di lavoro, un piano di ricerca informativa preliminare, attraverso la sollecitazione di fonti di settore, per lo più operanti nell'ambito della intermediazione finanziaria atipica.
Alle fonti è stato affidato l'incarico di ricercare e di individuare nel proprio ambito operativo, quelle transazioni finanziarie definibili sospette sia sul piano oggettivo che soggettivo. Sono stati forniti allo scopo precisi parametri:
- transazioni di importo rilevante con attivazione di conti accesi presso istituti di credito ubicati presso i paradisi fiscali e del grey money;
- l'interposizione di società di comodo off-shore, operanti in più paesi;
- la canalizzazione dei fondi attraverso banche e finanziarie di paesi diversi senza una ragione precisa;
- la presenza nelle trattative di brokers, persone fisiche, non inserite nei circuiti conosciuti dell'intermediazione finanziaria sia bancaria che atipica.
Dalla massa di informazioni affluite sono stati estrapolati alcuni casi definiti sospetti, tra cui quello del Cannizzo.
Risultava infatti che:
- il soggetto in esame, di origine catanese, con notevoli disponibilità di fondi anche in contanti, era un assiduo frequentatore dei mercati finanziari svizzeri, austriaci, del Lussemburgo, del Principato di Monaco, di San Marino;

- nelle transazioni di cui si occupava non compariva mai ufficialmente il suo nome in atti;
- aveva costituito a Roma, presso un albergo, il suo recapito ufficiale nonché una vera e propria base operativa con utilizzo delle linee telefoniche e fax per tutti i suoi contatti anche all'estero;
- si muoveva con estrema facilità da Catania a Roma, Milano, Zurigo, Lugano, Montecarlo, Vienna, ecc..
Dagli archivi telematici ufficiali, immediatamente consultati, si desumeva un profilo del soggetto decisamente contrastante con quello preliminarmente delineato a livello informativo.
Il Cannizzo infatti, nullatenente, non risultava titolare di alcun reddito da circa dieci anni. Precedentemente aveva percepito redditi di lavoro dipendente (attività di meccanico) e dall'esercizio della vendita ambulante di capi d'abbigliamento.
Il suo basso livello di scolarità inoltre strideva con l'estrema professionalità dell'ambiente di frequentazione. Quest'ultimo dato di fatto era di tutta evidenza nonostante che il Cannizzo si facesse chiamare da tutti "dottore".
Queste prime risultanze venivano ritenute dal vertice del Servizio di notevole interesse operativo e quindi meritevoli di essere ulteriormente sviluppate sul piano informativo ed operativo.
Veniva pertanto predisposto uno specifico programma di intelligence da attuarsi sia sotto il profilo prettamente informativo attraverso una più decisa attività di penetrazione degli ambienti frequentati dal Cannizzo, che sotto il profilo operativo attraverso una costante sorveglianza fisica del soggetto.
Dopo circa due mesi di attività (aprile-maggio 1993) i precisi e concordanti elementi acquisiti consentivano la redazione di un esauriente rapporto informativo sul soggetto, sulle sue frequentazioni, sulle società e sugli istituti di credito di riferimento, sia italiani che esteri, sui principali affari trattati, ma soprattutto sulla sua inequivocabile appartenenza alla famiglia mafiosa catanese di Nitto Santapaola. In quel contesto inoltre si aveva per la prima volta in assoluto la cognizione dell'entità della massa di capitali movimentata da emissari della mafia. Nel caso specifico le somme movimentate dal Cannizzo, per oltre un miliardo di dollari, coincidevano di massima con il volume di affari ipoteticamente attribuito alla famiglia mafiosa di appartenenza.
A questo punto il prodotto informativo acquisito veniva affidato per il necessario sviluppo investigativo di polizia giudiziaria al GICO della Guardia di Finanza di Roma.
Contestualmente però veniva costituita una task force, composta da ufficiali di polizia giudiziaria, funzionari del Servizio e funzionari della Banca d'Italia, con il compito di analizzare le risultanze investigative non soltanto dall'ottica del reperimento delle fonti di prova processuali, ma anche per fini di studio dell'articolato e sofisticato sistema di riciclaggio attuato dalla mafia (attraverso il Cannizzo), che man mano veniva delineandosi in tutti i suoi particolari.
Lo studio delle varie operazioni poste in essere dal Cannizzo consentiva di tracciare un preciso schema standardizzato delle procedure attuate nel corso delle singole transazioni finanziarie. Trascurabili sono infatti risultati gli scostamenti dai moduli operativi di base adottati di volta in volta.

Sistema di riciclaggio
L'esigenza primaria del gruppo mafioso indagato è quella, ovviamente, di poter disporre liberamente della massa di capitali accumulata, al fine di trasferirne una parte in paesi individuati per investimenti di natura economica, ed un'altra, minima, in Italia per esigenze di liquidità immediata.
Fondamentale è ritenuta altresì l'esigenza di evitare di far comparire in prima persona affiliati dell'organizzazione, già noti, nei vari "passaggi" finanziari, per ovvi motivi di sicurezza, nonché di non coinvolgere in eventuali inchieste giudiziarie gli istituti di credito di riferimento, con i quali evidentemente viene intrattenuto un rapporto altamente fiduciario.
A tal proposito l'organizzazione conferisce un "mandato" al suo affiliato di fiducia, anonimo, incensurato e buon conoscitore di procedure e strumenti finanziari internazionali d'avanguardia affinché gestisca "asetticamente" tutta l'operazione fino all'accredito finale dei fondi su conti bancari "puliti". Ovviamente tale mandato presuppone la possibilità di manovra sui conti ove sono stati tesorizzati i capitali illeciti. Per quest'ultima manovra il mandato assume la connotazione di una procura speciale, essendo limitato a poche e ben individuate operazioni, riconducibili molto verosimilmente all'acquisto di strumenti bancari internazionali d'importo prestabilito, da effettuarsi in un arco di tempo limitato.
Anche l'emissario avverte l'esigenza di non comparire in prima persona nelle transazioni. Pertanto, come prima operazione acquisisce una società di modesto valore, ma in grado di operare sui mercati finanziari internazionali senza destare sospetti (può anche essere creata una società fittizia rappresentata da un prestanome). Nel caso specifico il Cannizzo si presenta sul mercato prima con una società di diritto panamense e quindi con una società elvetica, acquisita su consiglio di una società d'intermediazione, per evitare di destare sospetti.
Successivamente l'emissario prende accordi con la società di intermediazione mobiliare nota nell'ambiente bancario svizzero e quindi con un singolo broker al fine di creare una joint venture, quest'ultima inizierà immediatamente delle trattative, come da oggetto sociale, per reperire una società finanziaria disposta a sottoscrivere delle fittizie transazioni concernenti strumenti bancari di garanzia, ovviamente dietro compenso (società ombra).
Contestualmente avvia una parallela attività di ricerca degli strumenti finanziari più idonei allo scopo. Nel caso specifico vengono trattati i P.B.G. (Prime Bank Guarantees).
E' opportuno precisare che i P.B.G. sono delle lettere di garanzia emesse da istituti di credito commerciali denominati primari sulla base di graduatorie non ufficiali redatte dalle solite agenzie di rating americane. Consistono in pratica in titoli rientranti tra i crediti di firma, attraverso i quali la banca primaria si impegna con la sua solidità economica ed il suo prestigio all'adempimento di una obbligazione.
Esiste un vero e proprio mercato non ufficiale di tali titoli il cui prezzo non coincide con il valore facciale o nominale, in quanto l'istituto di emissione lo considera un credito "sotto la linea", che non comporta cioè un movimento di cassa, ma soltanto un impegno e quindi un rischio bancario. Generalmente il prezzo oscilla dal 25% all'85% del valore facciale. Sono infatti numerosi i fattori che influiscono su di esso: il rating della banca, la solidità delle controgaranzie del richiedente (applicant), lo scopo della emissione, ecc.. Trattasi comunque di cifre indicative non ufficiali.
Una Prime Bank può emettere strumenti di garanzia a fronte di un deposito su un proprio conto, a fronte di lettere di garanzia di altri istituti di credito, a fronte di garanzie reali, ovvero previo pagamento di una commissione.
Il compito specifico di reperire la "società ombra" e di metterla in contatto diretto con l'emissario dell'organizzazione mafiosa è affidato specificamente al broker - di solito un finanziere senza scrupoli - che si espone in prima persona. Contestualmente la finanziaria di intermediazione (in genere una agenzia di Merchant Banking) comincia a muoversi sul mercato per l'acquisto di P.B.G. da società o da singoli investitori, ovvero contatta una Prime Bank disposta ad emettere i titoli. Una volta reperiti i P.B.G. e trovata la "società ombra", l'operazione può essere iniziata.
La società ombra chiede ufficialmente alla joint venture di acquistare i P.B.G. ad un valore percentuale di quello facciale (nel caso concreto è stato richiesto l'acquisto di titoli all'86%).
Intanto l'emissario provvede a far affluire sui conti della società ombra i fondi necessari per l'acquisto fittizio dei titoli provvedendo quindi a movimentare i conti di deposito dei fondi sporchi e organizzando successivi trasferimenti "bank to bank" attraverso sistemi di trasmissione di capitali per via telematica: i c.d. "swift".
In genere, sempre per fini di salvaguardia da eventuali controlli, vengono organizzati più passaggi attraverso istituti di credito di paesi diversi con il sistema swift in tempi rapidissimi (nel giro di poche ore).
Una volta giunti a destinazione i fondi sporchi, viene perfezionato il contratto di compravendita (fittizio) degli strumenti bancari di garanzia, che pur essendo intestati alla società ombra restano in realtà di proprietà della joint venture come da postilla (agreement) allegata al contratto e pertanto nella disponibilità della organizzazione mafiosa.
Successivamente la società ombra dà incarico all'istituto di credito ove sono affluiti i fondi sporchi di emettere i vari "pay-order" prestabiliti, tramite il sistema swift.
Un primo bonifico viene effettuato a favore della società di comodo controllata dall'emissario, su di un conto cifrato di un altro istituto di credito (che non compare nelle precedenti transazioni), per una percentuale prevalente dell'intero valore di acquisto dei titoli. Nel caso concreto il 52% dell'86% del valore facciale del P.B.G..
Alla società di intermediazione finanziaria (agenzia di merchant banking) viene accreditato l'importo corrispondente al reale prezzo d'acquisto degli strumenti bancari più una percentuale concordata a titolo di commissione. Nel caso concreto complessivamente il 29% dell'86% del valore facciale del titolo.
Analoga percentuale pattuita a titolo di commissione viene accreditata al broker persona fisica (nel caso concreto il 4%) ed alla società ombra (nel caso concreto l'1%).
La descritta complessa operazione finanziaria consente al gruppo criminale che l'ha organizzata di ottenere la disponibilità di denaro "pulito" da poter impiegare in tutta sicurezza in investimenti più o meno leciti.
Parte dei capitali ripuliti, nel caso concreto, era destinata ad investimenti immobiliari e turistico-alberghieri in paesi esteri "tranquilli" attraverso l'opera di mediazione di solide imprese nazionali ivi ben note. Un'altra parte consistente era destinata ad investimenti in case da gioco. Specificamente il Cannizzo aveva attivato contatti con commercialisti di San Marino per l'acquisto di immobili da adattare allo scopo.
Una parte minima era invece destinata a rientrare in Italia per esigenze di finanziamento dell'impresa criminale, o attraverso simulate operazioni di finanziamento estero di aziende italiane in crisi ovvero attraverso l'accredito di fondi su conti accesi, presso banche nazionali "sicure", da persone insospettabili. Specificamente era stato già precostituito un conto corrente presso un'agenzia della Banca Popolare di Novara, sede di Catania, intestato ad una casalinga, ove sarebbero dovuti affluire circa 40 miliardi.
Alla organizzazione criminale rimane altresì la disponibilità degli strumenti bancari di garanzia fittiziamente acquistati dalla società ombra.

Conclusione dell'operazione
il descritto complesso sistema di contrasto all'incipiente attività di riciclaggio, avviato fin dai primi mesi del 1993, ha forzatamente registrato un periodo di stasi dovuta alla difficoltà di dimostrare, a livello di concrete fonti di prova processuale, la provenienza dei fondi gestiti dal Cannizzo da attività illecite primarie (i c.d. reati matrice).
Come evidenziato in premessa, infatti, quello del nesso di connessione tra il reato e la gestione dei proventi da esso derivanti è purtroppo un grosso limite operativo. E ovviamente le organizzazioni mafiose pongono una particolare attenzione alla compartimentazione delle loro attività.
In questo caso lo sbarramento processuale è stato superato grazie alla costanza dell'impegno operativo oltreché all'apporto testimoniale di alcuni "collaboratori di giustizia", che hanno puntualmente confermato il ruolo del Cannizzo in seno alla "famiglia" di Catania, consentendo di acquisire agli atti processuali ulteriori inequivocabili elementi probatori della provenienza illecita dei fondi.
Pertanto nel decorso mese di marzo 1995, a conclusione della prima fase di indagini preliminari, il Cannizzo è stato tratto in arresto su ordine dell'Autorità Giudiziaria. Nel corso degli interventi effettuati sono state inoltre raccolte fondamentali fonti di prova sul reato ipotizzato (tuttora al vaglio degli investigatori) ed evidenziate precise corresponsabilità.







La versione integrale del n. 4/2011 sarà disponibile online nel mese di maggio 2012.